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Leonardo, genio e accortezza

12 Dic

vinci

 

di Marco Massetani

Il Genio non era tale solo nelle vesti di artista e scienziato. E non aveva i pensieri assorti nella tela o nelle macchine volanti. Possedeva in realtà una spiccata sensibilità finanziaria, qualità ammirevole per quei tempi: stipulava contratti e consulenze con le Corti Reali d’Europa, acquistava poderi sulle colline di Firenze, metteva saggiamente a frutto i suoi risparmi, difendendoli a denti stretti dalle grinfie dei terribili fratellastri. In più, aggiornava con meticolosa cura il proprio conto economico su un apposito quadernetto. Ne è un esempio toccante la nota spese compilata per la soteratura della madre Caterina: in essa compaiono, tra le voci principali, S. 27 in libre 3 di cera e S. 20 per 4 preti e clerici.

A dare un volto umano al Genio è una straordinaria mostra dal titolo “Leonardo da Vinci: la vera immagine. Documenti e testimonianze sulla vita e sull’opera”, curata da uno staff di specialisti e storici d’arte coordinati da Paolo Galluzzi. Allestita presso l’Archivio di Stato di Firenze in occasione del Centenario della costituzione della Commissione per l’Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo da Vinci, sarà aperta fino al 28 gennaio con ingresso gratuito.

Si tratta di un evento quanto mai eccezionale, per due motivi. Anzitutto, l’esposizione offre l’occasione unica per ammirare i principali documenti sui quali è stata ricostruita la biografia del Vinciano: in secondo luogo, propone al pubblico sette inediti d’archivio rintracciati da Vanna Arrighi ed Edoardo Villata nel corso delle ricerche per la preparazione della rassegna.

Sono proprio queste recentissime e preziose testimonianze- relative al periodo della prima giovinezza e al secondo periodo fiorentino dell’artista (1503-1507) – a dare un volto nuovo a Leonardo da Vinci, approfondendo aspetti particolari della sua esistenza sotto il profilo patrimoniale e dei complicati rapporti con la famiglia paterna.

Il suggestivo percorso espositivo ripercorre tutta la vita di Leonardo. Oltre ai documenti (provenienti da Mantova. Modena, Milano e Parigi), ai disegni e ai manoscritti originali, figurano testimonianze iconografiche ottocentesche, ed ancora medaglie e sculture (fra cui il bronzo del 1919 di Emilio Quadrelli).

La nascita di Leonardo è attestata dal documento che lo storico dell’arte Emil Möller riportò alla luce nel 1939, oggi proposto per la prima volta al pubblico. Reca la data del 15 aprile 1452 e la calligrafia di Ser Antonio da Vinci, nonno di Leonardo. Così si legge nell’ultima pagina del registro notarile di famiglia: Nacque un mio nipote, figliuolo di Ser Piero mio figliuolo a dì 15 d’aprile in sabato, a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo.

Il nipote è figlio illegittimo del notaio Piero e della contadina Caterina. Lo stesso Ser Antonio lo riferisce nella sua “portata” al Catasto del 1458, una sorta di dichiarazione fiscale dell’epoca, chiedendo detrazioni anche per il nuovo discendente. E la “portata” difatti comprende, tra le varie bocche, “(…) Lionardo figliuolo di detto Ser Piero non legiptimo, nato di lui et della Cateri[n]a, al presente donna d’Achattabriga di Ser Piero della Vecchia da Vinci d’anni 5 […].

A Vinci nonno Antonio si dedica alle terre e Piero svolge la professione di notaio. La Caterina, grazie a una dota elargita dalla famiglia, si unisce infine in matrimonio con il Fornaciaio “Attaccabrighe”. Gli scenari in cui il Genio Vinciano trascorre la propria giovinezza sono illustrati con pregevoli acqueforti di fine ‘800 da Telemaco Signorini. La successiva “portata” del 1467, stavolta compilata da messer Piero, vede qualche variazione nella composizione della famiglia. Antonio è morto, i figli risultano sposati (Ser Piero con la nuova consorte Franceschia d’anni 20  e ser Francescho con Aleyandra d’anni 26), mentre Leonardo di anni ne ha ora 17 e risulta sempre a carico del padre.

Lo rimarrà ancora per poco. Tra il 1469 e il 1472 entra nella Compagnia dei Pittori o di San Luca, e l’atto di iscrizione con il suo nome fa parte del percorso documentaristico della mostra. Inizia a lavorare presso il Verrocchio, dipinge l’”Annunciazione”, esegue ritratti e, fatto di cronaca, viene accusato di sodomia insieme ad altre tre persone. Lo rivela il primo documento del 9 aprile 1476, cui segue un’altra accusa per lo stesso reato inoltrata il 7 giugno dello tesso anno. Nei due casi (entrambi conclusisi con l’assoluzione) siamo di fronte a denunce anonime – le cosiddette “tamburazioni” (venivano imbucate in una fessura dalla quale poi ricadevano in un recipiente a forma di tamburo) – presentate agli Ufficiali di Notte, un copro della magistratura istituito nel 1432.

A questo periodo della vita di Leonardo si lega il primo documento inedito scoperto da Vanni Arrighi. E’ un atto notarile del 3 maggio 1478 contenente una clausola speciale, assente nei regolari contratti di quel tempo: in caso di morte dello zio Francesco, a Leonardo figlio spurio viene estesa vita natural durante la concessione di sfruttare un mulino nei pressi di Vinci.

L’artista, nel frattempo, lascia la Firenze dei Medici con destinazione Milano, corte di Ludovico il Moro. Qui dipinge la “Vergine delle Rocce” e “L’Ultima Cena”. E ci avviciniamo al secondo documento inedito, riemerso presso l’Archivio di Stato di Milano. La madre Caterina, gravemente ammalata, aveva raggiunto il figlio a Milano, prendendo dimora presso l’abitazione dello stesso. Con il rinvenimento dell’atto di morte della madre del 26 giugno 1494, che ne riporta il domicilio (nel territorio della Parrocchia dei Santi Nabore e Felice), si viene quindi a conoscenza della residenza milanese del Vinciano, finora ignorata dai ricercatori.

Nel 1496 Leonardo affresca I Castelli di Porta Giova. Un documento ci informa che, scontento del trattamento economico riservatogli, lasciò bruscamente il lavoro, costringendo la dinastia sforzesca a reclutare il Perugino. Che fosse entrato nelle grazie di Ludovico, lo conferma tuttavia un atto di donazione del 1499 con il quale Leonardo prende possesso di una vigna di 16 pertiche nel quartiere di Porta Vercellina.

Così come per rendersi conto della sua spiccata confidenza con il senso del risparmio e della finanza oculata, basta dare un’occhiata alle ricevute del denaro depositato a partire dal 1499 presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze (terzo documento inedito della mostra). Perché la decisione di affidare le proprie liquidità a un ospedale? La scelta è dettata da ragioni si sicurezza (l’Ospedale garantiva i risparmi grazie ad ingenti possedimenti immobiliari) e di convenienza, visto che il tasso d’interesse praticato si aggirava su un interessante 5%.

Oramai Leonardo è anche scienziato di grande fama. Tra il 1499 e il 1503 conduce una vita errante tra Mantova, Venezia, Firenze e Piombino, lavorando alla realizzazione dei canali di navigazione del Brenta e dispensando consulenze in tema di fortificazioni. In questi anni dipinge “La Gioconda” ma fa irritare sia Isabella D’Este Gonzaga (le cui lettere invocano l’attenzione del pittore, almeno per l’esecuzione di un Christo piccolino) che la Signoria di Firenze. Con questo governo collabora in un primo momento al progetto di deviazione del corso dell’Arno (l’obiettivo era di privare Pisa delle necessarie risorse idriche), quindi entra in conflitto per via di alcuni incarichi artistici. Uno di questi riguarda “La Battaglia di Anghiari”: malgrado le pressioni della commissione e l’impegno di rispettare gli accordi presi (tra i testimoni c’è anche Niccolò Machiavelli), ripartirà per Milano lasciando l’opera incompiuta.

Se nel secondo periodo fiorentino (1503-1506) le motivazioni professionali sembrano in parte trascurate, stessa cosa non può dirsi per quelle finanziarie. A Firenze acquista due poderi. L’atto di compravendita è stato da poco rintracciato: si riferisce ad un primo appezzamento di terra del 13 luglio 1503 presso le mura di Fiesole e a un successivo acquisto datato 11 ottobre relativo a un terreno contiguo al precedente.

Non passa neppure un anno e lo zio Francesco muore. Due lettere inedite spedite della Signoria di Firenze al Podestà di Vinci, rispettivamente del 21 e 23 giugno 1505, comunicano il lascito ereditario a favore di Leonardo. Di quali terre si trattava? Nessuno pare in grado di stabilirne la consistenza. Altre due inedite e curiose testimonianze del 23 giugno 1505 contengono le dichiarazioni giurate dei mezzadri di Vinci riguardo a lotti da assegnare a Leonardo: si tratta del podere “Botro” e di quello “Colombaia”, situati nel popolo di Santa Croce a Vinci. A questi si aggiunge la piccola proprietà (2 staiora, gli attuali 1000 mq) de “La Croce a Orbignano”, nel popolo di Santa Maria al Pruno.

E mentre i conti correnti fruttano e le proprietà terriere lievitano, Leonardo è già ripartito alla volta di Milano come dipendente fisso di Chrales d’Amboise. Tornerà a Firenze solo per un brevissimo periodo, tra l’inverno e la primavera del 1508, per discutere una causa che gli hanno mosso gli invidiosi fratellastri. Non essendo disposto a concedere un solo soldo, si rivolge al Cardinale Ippolito d’Este e allo stesso Re di Francia per assicurarsi protezioni d’alto rango.

Successivamente, a partire dall’ottobre del 1513, vive a Roma ed entra nell’entourage di Giuliano de’ Medici, fratello di Leone X, con un assegno fisso mensile di 38 ducati d’oro. Risiede prima al Belvedere e poi a Castel Sant’Angelo. Si dedica a ricerche di geometria, geologia ed astronomia, agli studi sugli specchi e a progetti di bonifica delle Paludi Pontine, Con lui ci sono il fedelissimo Francesco Melzi e il Salai, affiancati dal garzone Lorenzo e da un misterioso Fanfoia.

Un dato emblematico del carattere del Genio. Nel 1515 diviene membro della Compagnia delle Pietà per l’Assistenza per i Fiorentini, la più influente comunità straniera a Roma, ma di lì a poco è espulso dalla Compagnia per il mancato pagamento delle quote associative. Così si legge nel Libro del Provveditore, custodito presso l’Arciconfraternita.

Nel 1517, all’età di 65 anni, Leonardo di trasferisce ad Amboise, presso Francesco I, che lo stipendierà altrettanto profumatamente. Porta con sé due opere (“Sant’Anna” e “San Giovanni Battista”, oggi al Louvre), oltre a un ritratto femminile non ben identificato. Un’altra acquaforte del Signorini datata 1887e realizzata su tre fotografie dell’Uzielli, ci regala una veduta del Castello di Clos-Lucè, dove l’artista trascorre gli ultimi anni della sua vita.

Il declino fisico è in agguato. Un racconto di Antonio De Beatis, oggi alla Biblioteca Nazionale di Napoli, lo descrive con una paralesi alla mano destra: Ben vero che da lui per essergli venuta certa paralesi ne la destra non se ne può expectare più cosa buona.

Profezia pienamente rispettata nel giro di pochi anni. Il 23 aprile del 1519 Leonardo da Vinci redige testamento, lasciando la vigna di Milano per metà al Salai e per metà al servitore Battista De Villanis; i contanti e i poderi di Fiesole ai fratellastri; il resto (manoscritti, disegni e strumenti) al fedele Melzi.

Muore il 2 maggio tra le braccia del re, come vuole la leggenda (la stessa ripresa nella tela di Cesare  Mussini). L’ultimo documento ritrovato da Vanni Arrighi è davvero particolare. Risale al 4 luglio 1520, giorno in cui si consumò l’atto notarile che segna il rientro nell’asse ereditario delle sue proprietà e dei beni lasciati in usufrutto dallo zio Francesco. E’ un atto lungo e articolato, costellato di correzioni e aggiunte, frutto di concitate discussioni tra gli eredi. I fratellastri, non potendo più prendersela con nessuno, avevano certamente iniziato a litigare tra loro.

Reality, Novembre-Dicembre 2005

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