Archivio | marzo, 2021

Larissa, Lorenzo e tutti gli altri: la leva dei talenti della classe 2000

29 Mar

di Marco Massetani

Sono nati a cavallo del millennio. Rappresentano la nuova generazione che emerge prepotentemente, la linea verde che regala emozioni mozzafiato su una pedana di salto, dentro un campo da tennis, lungo la pista di un velodromo, oppure davanti a una porta sospesa sull’acqua.

In un mondo sportivo dove bruciare le tappe è diventato un requisito per la consacrazione, la Toscana presenta al Mondo i propri talenti autenticati già capaci di strappare pass olimpici, di alzare storici trofei, di vestire la maglia della nazionale maggiore. Con l’esuberanza dei giovani e l’autorevolezza dei campioni più esperti.

Ha una maturità impressionante per i suoi 18 anni l’icona teenager dello sport italiano, Larissa Iapichino, fiorentina, doppia figlia d’arte di babbo Gianni e mamma Fiona May, e già specialista affermata del salto in lungo. Dopo l’oro europeo under 20 ha fatto il suo ingresso trionfale nel professionismo atterrando alla distanza indoor di 6,91 m., una misura con la quale ha fissato il record mondiale juniores, eguagliato il primato azzurro della mamma e conquistato l’accesso ai Giochi di Tokyo. Proprio in Giappone sarà presente un’altra esponente classe 2002 dell’atletica leggera, la livornese Ambra Sabatini, atleta paralimpica con amputazione sopra al ginocchio a seguito di un incidente stradale, che lo scorso febbraio a Dubai ha corso e vinto i 100 mt segnando il record mondiale di 14”59.

E’ di Carrara il tennista che tutto il Mondo sta ammirando per tecnica sopraffina e brillantezza di gioco. SI chiama Lorenzo Musetti, è stato il primo (e finora unico) italiano ad aggiudicarsi gli Australian Open juniores, e adesso a soli 19 anni risiede nell’élite dei primi cento giocatori ATP, una scalata che proseguirà grazie al terzo turno raggiunto nel torneo di Miami tuttora in corso.

La tradizione pallanuotistica fiorentina ha la degna erede dell’empolese Elena Gigli (che a 19 anni e 48 giorni divenne la più giovane italiana a vincere un oro olimpico: Atene 2004). Come la Gigli anche Caterina Banchelli, classe 2000, ricopre il ruolo di estremo difensore per il quale è stata eletta migliore atleta ai mondiali juniores 2018. Oggi Caterina è il portiere della Rari Nantes Florentia e il terzo portiere del Setterosa, e punta dritto alla conquista di un posto da titolare.

Nel giro azzurro del volley è entrata una toscana d’adozione, la 19enne Sarah Fahr, cresciuta nelle giovanili del Piombino e attualmente ‘centrale’ della Imoco Conegliano con la quale ha già alzato al cielo Supercoppa italiana e Coppa Italia. Anche la Nazionale di rugby ha abbracciato due talenti toscani classe 2000 della palla ovale quali il pisano Gianmarco Lucchesi (tallonatore del Benetton) e il cecinese Federico Mori (tre quarti centro del Calvisano), entrambi già con debutto nel Sei Nazioni.

E se nella scherma il nuovo che avanza è rivestito dai giubbetti di due fiorettisti classe 2001 (il pisano Filippo Macchi campione europeo cadetti e la pontederese due volte argento europeo under 20Vittoria Ciampalini), nel ciclismo ha già esordito nei professionisti il classe 2000 Tommaso Nencini di Calenzano, imparentato tramite nonno Aldo con il grande Gastone Nencini vincitore del Tour de France 1960. Sempre sui pedali, sembra schiudersi un futuro sempre più rosa per due specialiste dell’inseguimento a squadre: la ventenne pisana Vittoria Guazzini (bronzo continentale ad Apeldoorn), e la 19enne Giorgia Catarzi (campionessa iridata ed europea juniores), originaria di Ponte a Ema, la località che ha dato i natali a Gino Bartali.

“Per emergere così in fretta, oltre al gesto tecnico, serve una componente mentale importante – dice l’ex velista grossetana Alessandra Sensini, quattro podi olimpici e il primo titolo mondiale assoluto conquistato a 19 anni – E’ vero che negli ultimi tempi l’inizio della pratica sportiva è stato anticipato, ma è altrettanto vero che c’è un allungamento della carriera. Per continuare su livelli di eccellenza occorre conservare integrità fisica, trovare sempre nuove motivazioni e non smarrire la voglia di mettersi in gioco”.

Corriere Fiorentino, 29 marzo 2021

I sorrisi della Iris, la ginnastica di A torna a Firenze

28 Mar

di Marco Massetani

Un fiore che profuma di promozione. E’ il regalo che cinque giovani atlete hanno consegnato alla città di Firenze. Loro si chiamano Micol Masetti, Carlotta Vettori, Monica Marchidan, Aurora Corradino e Aurora Bertoni. E l’impresa che hanno compiuto è qualcosa di straordinario: riportare la Ginnastica Iris in serie A/2, nell’élite italiana della ritmica, grazie a esercizi perfetti, eseguiti con i movimenti del corpo e degli attrezzi di questa disciplina olimpica (palla, fune, cerchio, clavette e nastro).

Un’impresa di squadra arrivata con i tre podi conquistati a Napoli, Desio e Fabriano, ossia nelle tre prove del torneo di B che hanno decretato la seconda posizione finale delle “irissine”. “Il risultato è ancora più bello perché raggiunto da ginnaste autoctone –  spiega Costanza Dainelli, DT di questa squadra allenata dai tecnici Alessia Fancelli e Daria Velius  – e soprattutto da giovani sportive che nella vita riescono anche ad essere eccellenti studentesse di liceo, pur allenandosi quattro ore al giorno. Sono state brave ad avere creduto in questo sogno che inseguivano da sei stagioni, sarebbe bastato un esercizio sbagliato per mandare tutto in fumo. Invece le ragazze hanno condotto un campionato senza errori, la continuità di rendimento le ha premiate”.

La storia della Ginnastica Iris Firenze parte da lontano, dal 1989 e della volontà di innestare la ritmica in un quartiere 4 dove si praticava solo artistica. Con una filosofia ben definita e un motto vincente: un’orchestra senza primi violini ma con tanti triangoli che suonano all’unisono. “La ritmica è allenante per la lateralizzazione, certi benefici te li ritrovi anche quando negli anni decidi di cambiare sport – continua Dainelli – In tempi no Covid la società conta circa 150 tesserati, dai 3 anni fino agli adulti, con 40 bambine in agonistica. Avevamo già vissuto la serie A dal 1995 al 2003, prima di retrocedere e di ricominciare nel 2015 questa nuova scalata. Per alcune stagioni abbiamo disputato il campionato di serie C, quindi al primo anno di B siamo arrivate quinte, infine la promozione appena raggiunta. Oggi ci alleniamo nell’impianto della Montagnola, ma il sogno sarebbe averne uno da gestire. Stiamo lavorando anche per questo”.

La serie A/2, al via il prossimo gennaio (nel torneo ci saranno anche le due toscane Falciai Arezzo e Terranuova Bracciolini) sarà un atteso banco di prova per la Ginnastica Iris Firenze che nella prestigiosa divisione vuole tornare a mettere radici. “Confermeremo le ginnaste della promozione e ci stiamo già muovendo alla ricerca di una straniera, consapevoli che si tratterà comunque di un investimento notevole – – conclude il DT – Nella nostra disciplina pochi soldi, aiuti ancora meno, tutto si basa sulla passione di tecnici, atlete, dirigenti e genitori. Ma con il cuore abbiamo dimostrato di saper guardare lontano”.

Corriere Fiorentino, 28 marzo 2021

I siluri sotto rete che diedero lustro al volley fiorentino

22 Mar

Il racconto – Ieri e oggi

di Marco Massetani

La Ruini ha vinto, Vannucci ha deciso” titolò il Corriere dello Sport. Campionato di volley maschile serie A, stagione 1971/72. Al palazzetto ITI di via Benedetto Dei (oggi PalaMattioli) la squadra dei Vigili del Fuoco sconfigge al quinto set gli eterni rivali della Panini Modena. L’impresa porta la firma di uno schiacciatore classe 1950, fiorentino doc del Poggetto, 200 centimetri esplosivi di potenza e atletismo. “Quella sera schiacciai davvero tutto, anche le palle sottorete” ricorda Piero Vannucci, ex azzurro della pallavolo e indimenticabile gigante della mitica Ruini con la quale conquistò due dei cinque tricolori che hanno segnano la breve e gloriosa storia del club. “Cosa c’era di magico in quella squadra? L’intraprendenza imprenditoriale del fondatore, il vicecomandante e architetto Luigi Gherardelli che costruì in città un miracolo sportivo – continua Vannucci – Poi in quegli anni Firenze era una delle poche sedi ISEF in Italia, quindi la società aveva la possibilità di spostare i più grandi giocatori. Così arrivarono Nannini, Mattioli, Salemme, e questo permise la valorizzazione di atleti del territorio. Se fossi nato da altre parti, forse sarei rimasto un buon giocatore, niente più.  Invece sono diventato perfino il primo pallavolista fiorentino ad avere un tifo personalizzato”.

Dopo due scudetti cuciti sul petto, 50 presenze in Nazionale, un’esperienza fugace a Catania, il rientro alla Ruini in B, la promozione in massima serie e infine l’ultima, definitiva retrocessione preludio alla fine del club, Piero Vannucci a 27 anni e con in tasca una laurea in lingue straniere volta una pagina della propria vita. “Non avevo il phisique du rôle per fare l’allenatore, quanto semmai il dna del dirigente – dice – Ho fatto ingresso in un mondo nuovo che si adattava bene alle mie caratteristiche, sono uno a cui piace entrare nei problemi, condividerli, insomma sono sempre stato portato per le pubbliche relazioni”.

Il legame con la città natale non si incrina nemmeno di un centimetro. Piero Vannucci entra nel settore della pubblicità lavorando per un evento fieristico, il Florence Gift Mart. “Cominciai come esterno, poi venni assunto – continua – Facevo il coordinatore della manifestazione occupandomi di pubblicità e allestimenti, sono cresciuto insieme alla struttura, prima dal 1977 al 1981, poi di nuovo dal 1984 al 1990 quando la fiera conobbe il suo momento di gloria con quei 1500 operatori stranieri che venivano a Firenze, numeri da far invidia al più celebre concorrente nazionale, il Macef di Milano. Conferimmo all’evento un taglio artistico, inventando mostre collaterali su temi storici o merceologici”.

L’allestimento di mostre diventa la specializzazione di Vannucci anche quando nel 1990 l’ex pallavolista Ruini passa a Sogese per la quale lavora 10 anni. E ancora i numeri sono forti, come i vecchi siluri schiacciati oltre la rete. “Registrammo 204.591 visitatori totali nell’edizione 1997 della Mostra dell’Artigianato, 44.535 visitatori solo nella giornata del 1 maggio del 1998 – ricorda – Firenze viveva una grande effervescenza. Noi eravamo davanti agli altri ma ammettiamo pure che gli altri erano dietro a noi. Il nostro passato ci permetteva di produrre idee che diventavano avanguardia, poi le altre città hanno recuperato in strutture, e noi siamo rimasti fermi a bellissimi padiglioni storici non più al passo con i tempi”.

L’attuale attività di Piero Vannucci è l’ennesima tappa del suo percorso vocazionale nel mondo degli eventi, della comunicazione e delle pubbliche relazioni. “Nel 2000 sono diventato socio della Promopoint, ora Sicrea – continua – La società è a Campi Bisenzio e ha una seconda sede a Ponte a Greve. Ci occupiamo a 360° di organizzazione di manifestazioni, dalla realizzazione di un sito web o di una specifica app fino agli allestimenti. Nella struttura lavorano un giornalista, un operatore televisivo, alcune grafiche esterne. L’idea è quella di fornire un progetto confezionato al cliente finale. Alcune iniziative sono destinate alla Coop Toscana, abbiamo lavorato anche per l’ACF Fiorentina e per sede regionale RAI. Che aggiungere, non sarei mai potuto restare chiuso in un ufficio, sento sempre la necessità di interessarmi a mondi diversi, credo che l’importante sia non cristallizzarsi. Ho 70 anni e conservo l’entusiasmo di un trentenne”.

La passione per lo sport è rimasta dentro al campione di volley che oggi ricopre la carica di consigliere nazionale dell’Associazione Nazionale Atleti Olimpici Azzurri d’Italia. “Lo sport è un valore e noi puntiamo a organizzare iniziative anche per i giovani e per gli studenti – conclude – Il volley? La Toscana è una regione strana, che si esalta per il calcio di vertice. E investire negli altri sport, come il volley, non paga. Pensiamo alle due squadre femminili di serie A1 del Bisonte San Casciano e della Savino Del Bene Scandicci. Se esistono, è solo grazie a due imprenditori illuminati”.

Corriere Fiorentino, 22 marzo 2021

Musetti non si ferma più: “La mia partita più bella”

20 Mar

di Marco Massetani

Benvenuto tra i grandi della racchetta. Il tappeto rosso si srotola per l’ingresso nei top 100 mondiali di Lorenzo Musetti da Carrara, ex superba promessa del tennis divenuta realtà, già capace con i suoi 19 anni appena compiuti di regalare quotidiane magie.

Partito nel torneo messicano di Acapulco (Messico) dalle qualificazioni, rodato da cinque match in cinque giorni, galvanizzato dai successi nel tabellone principale contro l’argentino Diego Schwartzman (primo top 10 abbattuto in carriera) e contro lo statunitense Frances Tiafoe (per i primi ‘quarti’ conquistati in un torneo ATP 500), Lorenzo Musetti mette ko anche il n.16 al Mondo, il bulgaro Grigor Dimitrov (64, 76 il risultato), strappando il pass per la semifinale che decreta il suo nuovo best ranking, il virtuale n.94 che gli verrà assegnato  lunedì.

“Ho giocato la miglior partita della mia vita” ammette Musetti, dopo aver contrastato la fisicità e l’esperienza di Dimitrov con un tennis fatto di tecnica e fantasia, di variazioni di ritmo e imprendibili rovesci lungolinea, di ‘prime’ di servizio importanti e dritti profondi. Ma anche dopo sprecato ben sei match point. “Il mio allenatore ha detto che vuole uccidermi – scherza – Sono felice, perché anche quando non ho sfruttato i primi quattro match point sono rimasto lì con la testa, l’atteggiamento ha fatto la differenza. E’ stato un incontro di un livello incredibile, bello tosto anche fisicamente, sapevo che con questa vittoria sarei andato top 100, e ovviamente ci tenevo tanto”.

In attesa della sfida di semifinale con il greco Stefanos Tsitsipas, favorito del torneo e n.5 ATP (in programma oggi, alle prime luci dell’alba in Italia: nessun precedente tra i due), Musetti diventa l’ottavo tennista toscano della storia a entrare tra i migliori 100 del pianeta. Prima di lui Paolo Bertolucci, Marzio Martelli, Daniele Bracciali, Federico Luzzi, Filippo Volandri, Paolo Lorenzi e Luca Vanni. “Ha qualità incredibili – dice il senese Paolo Lorenzi, l’ultimo tennista del Granducato ad aver lasciato la prestigiosa graduatoria e anch’egli presente al torneo di Acapulco, dove è uscito nelle qualificazioni – Già a Roma l’anno scorso aveva dimostrato di che pasta era fatto. Adesso è migliorato tantissimo fisicamente e tennisticamente. Gli riesce tutto con la pallina, sa stare dietro, sa spingere, sa fare le smorzate. Il suo è anche un gioco divertente. Per lui entrare tra i primi cento è solo un piccolo passo”.

Corriere Fiorentino, 20 marzo 2021

A far di conto col Lupo del basket che si è dato alla danza

1 Mar

di Marco Massetani

Sono passati trent’anni, sembrano canestri distanti anni luce. In serie A si tesseravano due stranieri, i club sopravvivevano grazie all’imprenditoria etica del territorio, la palla a spicchi rimbalzava nelle grandi città. E tutto sul parquet scorreva molto lento, anche un’entrata ruvida ed elaborata di terzo tempo. “Mi prendevate in giro, lo so, ma oggi in NBA va di moda e si chiama ‘eurostep’, anche perché alla fine più tempo giri per l’area con la palla in mano e più è probabile che due tiri liberi li porti a casa” ci scherza su Stefano Andreani, classe 1957, il ‘Lupo’ cesenate che per cinque stagioni (dal 1987 al 1991) ha legato il proprio nome all’età dell’oro della pallacanestro fiorentina. Quando la Neutro Roberts si batteva con le grandi d’Italia e il PalaGiglio impazziva per le acrobazie di J.J Anderson, per l’esplosività di John Ebeling e Clarence Kea, per le intuizioni sapienti di Valenti, Mandelli, Sonaglia e di ‘Lupo’ Andreani, ala-pivot esperta e spigolosa, un eccellente tiro dal perimetro e tanta, tanta sostanza difensiva. “Era una squadra formata da gente con grande tecnica e intelligenza tattica, il gioco veniva fuori fluido, bello a vedersi – ricorda Andreani – E poi avevamo un allenatore ideale, Rudy D’amico, che non ci stressava semplicemente perché non ce n’era bisogno. Il clima in spogliatoio era unico, in campo mai un tiro forzato, mai nessuno che si elevasse a primadonna. Era più probabile che si desse la palla a chi quella sera non era in fiducia per fargliela prendere, la fiducia. Sono stati anni straordinari, vissuti nella città più bella del Mondo”.

Una città talmente bella che finisce per catturare Stefano ‘Lupo’ Andreani anche dopo il suo addio al basket di alto livello. “Ho cominciato a fare pratica da commercialista mentre giocavo, non ero nemmeno laureato in Economia e Commercio – continua – A Firenze, sempre durante la carriera da cestista, ho dato l’esame di Stato, e sono entrato in uno studio di professionisti tra i più qualificati, prima come collaboratore poi come socio. Sono stato fortunato a giocare negli anni migliori della pallacanestro italiana, vigeva un semi-professionismo dove giravano soldi sufficienti per poter fare le cose sul serio e dove l’impegno richiesto era tale che con un po’ di sacrificio trovavi anche il tempo per studiare. Certo, entrare nel mondo del lavoro a 34-35 anni ha significato perdere molti treni, ma quello che non mi aspettavo, nei primi anni di professione, è di essere stato praticamente costretto a tenere nascosto il mio passato da giocatore di serie A. Perché in Italia la mentalità è che, se hai fatto sport ad alto livello, sei uno che mentre gli altri studiavano si divertiva guadagnando soldi facili, e quindi professionalmente poco affidabile. Esattamente il contrario della mentalità USA. Il mio lavoro? E’ splendido, perché c’è dentro tutto, lo studio, la matematica, l’aggiornamento, l’informatica, il rapporto con le persone. Devi dialogare con l’istruttore, il dirigente sportivo, l’avvocato e il magistrato, e adeguarti quindi ai tuoi interlocutori con una mentalità e un linguaggio sempre diversi. E poi c’è l’insegnamento, dai corsi per colleghi o dirigenti sportivi ai sabati mattina nelle scuole superiori, che è la parte che mi diverte di più. Dopotutto, sono sempre stato un chiacchierone…”.

Oggi lo studio Andreani – piccolissimo (“ho due dipendenti, straordinarie”) ma collegato in rete con alcuni dei migliori studi italiani – si occupa prevalentemente di concorsuale e sport dilettantistico. “Sono le branche nelle quali mi sono specializzato – spiega – Nel concorsuale affronti situazioni difficili e cerchi soluzioni: c’è modo e modo di portare una società a una procedura, come pure di gestirla, e ti rendi conto che il tuo lavoro ha un significato. Lo sport dilettantistico è invece un mondo che apprezzo perché è divertente e riveste una funzione sociale fondamentale. Sia per le società che fanno agonistica che per quelle (penso ad esempio alle piscine, alle scuole di danza o di yoga) nelle quali lo sport è tutela della salute, socialità, aggregazione. Un mondo che ha compreso che, nella parte amministrativa e fiscale, il tempo degli amici che davano una mano era finito, e che servivano figure professionali”.

E il basket dov’è? “Dopo la serie A ho giocato alcuni anni nelle serie minori – conclude – Prima in D con il Firenze 2, poi in Promozione con un gruppo di amici nella Bad News Basket. Ho chiuso a 54 anni con i Butchers di Legnaia in Uisp. Alla fine ho avuto un problema al tendine d’Achille e, seguendo un consiglio medico di trent’anni prima, mi sono dato alla danza latino-americana. Ho scoperto un ambiente allegro, solare e molto più ‘serio’ di quanto si possa pensare. Non ho propriamente l’altezza e l’agilità del ballerino? Se ho avuto il coraggio di presentarmi con il mio fisico e con il mio scarso talento sui parquet più importanti d’Italia, mi sono detto, posso tentare anche con il ballo…”.

Corriere Fiorentino, 1 marzo 2021

F O O T B A L L I S T S

"Everything I know about morality and the obligations of men, I owe it to football." — Albert Camus..................... "If God existed, he would be a solid midfielder." — Aleksandar Hemon................……………...........................

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The material world, broadly defined

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